Quella benedettissima sciarpa nel cassetto di Jake Gyllenhaal
AKA: qualcuno mi salvi da All Too Well di Taylor Swift
So che è importante continuare a parlare all’infinito dei no-vax, ma permettetemi di spostare l’attenzione su un evento che continua a perseguitarmi da due settimane: Taylor Swift ha pubblicato sul suo canale YouTube 7 versioni di una canzone che dura 10 minuti. Trattasi in realtà di una rivisitazione - con più dettagli rispetto all’originale - pubblicata nel 2012. Il titolo è All Too Well e non credo abbia avuto un gigantesco impatto sul pubblico italiano - a meno che non parliamo del suo fedele esercito di fans o gli addetti ai lavori. Non di meno, ha senso far notare che questa operazione ha già generato ad oggi, domenica 28 novembre, 160 milioni di ascolti tra Spotify e YouTube.
Se non avete familiarità con il caso in questione, vi starete forse chiedendo cosa può avere di così speciale questa canzone. Beh, ad un primo ascolto potrebbe sembrare quasi nulla, ma c’è tutto un universo intorno che in realtà spiega molto della sua autrice e del suo ruolo nel mondo del pop.
Contestualizziamo. Nell’autunno del 2010 Taylor Swift è una quasi ventunenne. Sui tabloid appaiono foto che immortalano lei e l’attore Jake Gyllenhaal in atteggiamenti affettuosi, mano nella mano, abbracciati, insomma classici piccioncini autunnali. Parte il chiacchiericcio. Dicembre 2010: si lasciano. Fine? Stop? No. All’epoca capitava spesso che Taylor frequentasse ragazzi famosi, che si lasciassero relativamente presto e che il pubblico si preparasse alle future canzoni tristi e al veleno che avrebbe dovuto decifrare per riconoscere in quelle storie uno dei ragazzi di cui sopra.
Stacco. Autunno 2012. Taylor ci grazia con Red, l’album di transizione dal country al pop. Il disco è un successo ed è anche il primo passo che Taylor fa verso il successo oltreoceano. Con il primo singolo, We Are Never Ever Getting Back Together, la nostra beneamata lascia i primi indizi e la risposta sembra essere unanime: Jake non l’ha scampata! Nella tracklist, però, c’è un’altra canzone che sembra parlare dell’attore e questa ha qualcosa di speciale. In realtà è una classica ballad, ma si avverte una genuinità che a volte sembra mancare nei singoli. È scritta con la pancia e si intravede chiaramente il fine talento di Taylor come cantautrice. Il testo racconta un evento molto comune, una storia d’amore dall’inizio alla fine. Una ragazza giovane e innocente che investe tempo e attenzione in un ragazzo che sembra essere perfetto, ma le favole non esistono e lei lo scopre a caro prezzo. Niente di originale, direte voi. Esatto, ma la ricchezza di All Too Well sta nel suo essere quasi innocente, sentita e scritta con amore per i dettagli. I critici musicali la lodano definendola la miglior canzone del disco, ma non diventerà mai un singolo ufficiale. Saranno i fans a dare un risalto enorme alla traccia. E i fans di Taylor Swift sono un esercito. Sono forti, appassionati e lo sanno. Sembra quasi che lavorino direttamente con Taylor tanto è forte il rapporto di amore e rispetto reciproco che hanno costruito. Fatto sta che All Too Well diventa un caso che valica i confini del fandom, arrivando ai siti di gossip, i commentatori di cultura pop e i social. L’opinione pubblica, però si concentra su quella benedettissima sciarpa che, secondo il racconto di Taylor, lei ha lasciato a casa della sorella di lui (Maggie, quoque tu!) e che Jake conserva ancora nel suo cassetto. Bla bla bla, foto di Jake con la sciarpa, domande inquisitorie a Maggie Gyllenhaal, ma la vita di tutti va avanti e alla fine anche un po’ sticazzi. Per non parlare del fatto che questa storia sia durata tre mesi. TRE-MESI!
Siamo nel 2021 e la nostra beniamina ha vissuto da allora almeno tre carriere, ma il destino ha voluto che si trovi nella fase di re-registrazione di tutti i suoi vecchi album - e il perché necessiterebbe di un altro, forse più interessante e professionale post, che vi assicuro arriverà, ma restiamo concentrati.
In classico stile Taylor_Swift-biennio-2019/2021, la nuova versione di Red arriva tra capo e collo, senza molto preavviso e contiene una bomba a orologeria: All Too Well dura 5 minuti in più dell’originale e ci racconta ancora di più su quella dannata storia d’amore durata TRE MESI.
Ad accompagnare la 10 minute version c’è, naturalmente, un corto (diretto dalla stessa Swift) che ricostruisce la storia che la canzone racconta e un protagonista che per uno stranissimo e inspiegabile caso ricorda Jake Gyllenhall nel 2010. E poi c’è la lyrics version, il video di quella acustica e di nuovo quella con lyrics, il live al Saturday Night Live, la karaoke version di questa e di quella più corta, la Sad Girl Autumn version e la lyrics anche di questa, la versione della mia vicina di casa e quella di tua nonna.
Risultato: non esiste podcast di cultura pop e musica che non abbia dedicato almeno una puntata all’evento. Le opinioni sono impazzite. Non riesco a tracciare una linea retta in quello che ho ascoltato e, soprattutto, nella mia testa.
Alla veneranda età di 36 anni ero convinta di aver fatto pace con l’idea di Taylor Swift. E parlo di idea perché sin dall’inizio lei si è dimostrata un’astuta stratega. Per citare un saggio del New Yorker, Swift is known for her expertise at persona creation, e - che sia messo a verbale, vostro onore - non ho niente in contrario. Fa parte del suo lavoro ed è apprezzabile che una ragazza con grande talento musicale, sia anche così intelligente con i suoi affari. Ma, dicevo, credevo di aver accettato la buona Swift nonostante i trascorsi in cui la reputavo a volte irritante. C’è stato un periodo, infatti, in cui il suo grande successo di pubblico andava a braccetto con scivoloni mediatici che spesso l’hanno portata dall’altra parte della barricata, quella in cui lei non avrebbe mai voluta essere: l’area cattivi. Ma Taylor, da ragazza sveglia quale è, ha fatto 100 passi indietro e ha capito, a detta sua, che certe cose non si possono controllare e quindi (dice) la sua nuova strategia è non avere una strategia.
All’inizio della sua carriera credeva di poter controllare la sua narrazione, ma a un certo punto si è schiantata contro la realtà e ha scoperto che se tiri troppo la corda, non solo si rompe, ma rischi di lasciarla in mano agli altri mentre tu sei a terra.
Durante il lockdown sono usciti due album molto belli: Folklore ed Evermore. Niente marketing, niente super promo tour e servizi fotografici. Musica e parole. Belli! Brava, Taylor.
A quel punto credevo di non avere più riserve nei suoi confronti, ma poi è arrivato 12 novembre 2021 e l’inizio della maratona All Too Well. Se all’inizio ero divertita e incuriosita, ora sono un po’ sfinita e sento riaffiorare quel leggero fastidio che mi provocava qualche anno fa. O, forse, sono irritata dal fatto che intuisco che quel giochino stia cominciando di nuovo e io non riesco a farne a meno e ho l’impressione che Taylor stia provando a mettere a segno un altro punto nella sua carriera, mettendoci di fronte alla nostra ipocrisia. Per quanto ci piaccia la sua versione umile, folk, quasi indie, in fondo non vediamo l’ora che torni a comandare la nostra attenzione per dargliela tutta e poi lamentarcene. In questo momento il pallino è in mano a lei e, a 32 anni, con una nuova maturità professionale e personale, Taylor può mettere in atto una versione aggiornata delle sue vecchie strategie. Stavolta senza cascare e divertendosi un po’ più di prima.
In fondo ho sempre pensato che fosse un’appassionata delle narrazioni culturali e popolari tanto quanto me e chi ne scrive e parla per lavoro.
Taylor è una di noi. Ad eccezione del conto in banca e della sua storia d’amore con Jake Gyllenhaal. Ma anche in questo caso, se davvero fosse andata come ci sta raccontando, direi che è meglio perderlo che trovarlo.
(Call me, Jake)