La prima risposta che cerco con questa newsletter è molto personale: per quanto tempo sarò in grado di scriverla con una certa continuità? E se tu che stai leggendo hai appena pensato che questo non sia un tuo problema e non è proprio il modo migliore per fidelizzare un potenziale lettore, hai tutte le ragioni del mondo per fermarti o abbandonare subito la barca, ma vedila come una confessione tra amici. Patti chiari, newsletter lunga.
Alla base, però, c’è che vorrei sfruttare questo spazio per trattare argomenti che rientrano in ciò che, ad esempio, uno studente di medicina potrebbe considerare frivolo: la cosìddetta cultura popolare. A difesa della mia passione, punterei sul fatto che molti dei cambiamenti sociali avvenuti dal dopo-guerra in poi si siano cementati spesso e volentieri anche grazie a una spinta partita dalla musica, dal cinema e i libri (e lo studente di medicina ribatterebbe dicendo che senza la scoperta della penicillina di Alexander Fleming, probabilmente non sarei qui a scrivere di cose non importanti.) Ma non sono qui per provocare studenti di materie scientifiche (che tanto lo so che perderei). Quello che so per certo è che la cultura pop mi diverte, mi informa e mi fa pensare.
A volte ragiono tra me e me su un episodio di gossip, una campagna pubblicitaria, una critica cinematografica, il ‘problema’ del giorno su twitter, ma sarebbe bello avere uno spazio su cui condividere questi pensieri e, chiariamoci, probabilmente nessuno li leggerà, ma almeno li avrò buttati giù.
Jia Tolentino, una delle saggiste più talentuose (e di moda) del momento ha detto che scrivere le chiarisce le idee su un argomento. Premesso che non ho un millesimo del suo talento, mi piace pensare che possa essere lo stesso anche per me. Non voglio che queste pubblicazioni siano dei trattati senza capo né coda, ma mi piacerebbe partire da una domanda senza conoscere la risposta e magari trovarla alla fine, o magari non trovarla mai. È questo il bello di certi argomenti: non sono una scienza esatta, non sempre necessitano una risposta o una risposta uguale per tutti. Ma mentre se ne parla, la mente si può aprire.
Perché si intitola 2002? Mi piaceva usare un qualcosa che sembra privo di sostanza, ma comunque bello a vedersi. (peprovocà). La cultura popolare lo ha sempre un po’ ignorato. Il 2001 è cementato nelle nostri menti, ma il 2002? Forse aveva ragione Lady Bird: the best thing about 2002 is that it’s a palyndrome. Del resto si trova esattamente in mezzo a due anni difficili e, per molti versi, indimenticabili e lui sta lì, da molti ignorato, ma forse per alcuni fondamentale (vedi la nascita di un figlio, una promozione, il matrimonio, un incontro, ecc).
La cultura popolare è una strana bestia. Sembra voler fare leva sulle masse e i loro gusti e le loro opinioni. Si pensa voglia omologare e creare dei soldatini del gusto. Ma non è così, ce n’è per tutti e ogni pubblico, rivista, forum, concerto, film ha il suo valore e la sua storia, anche se tu non la conosci. E, quando meno te lo aspetti, quello che era nicchia diventa pop. E che male c’è? Non è una scienza esatta.
Così è per il 2002. Forse la maggiorparte di noi non ricorda dov’era l’11 settembre del 2002, ma sicuramente qualcosa stava succedendo e magari l’anno dopo o dieci anni dopo avrebbe dato i suoi frutti, anche se gli altri non lo sanno.
Per chiudere, ho buttato giù una playlist di canzoni pubblicate nel 2002.